Quale è il modello di calcolo più adatto per le strutture platform frame? Quello a mensola verticale oppure quello di trave impedita di ruotare alle estremità (incastro-doppio bipendolo)?

anonimo: Il modello di calcolo di un noto software di analisi e verifica di strutture platform frame, viene definito come "Trave impedita di ruotare alle estremità" (incastro-doppio bipendolo), a differenza della mensola verticale riportata dall'EC5, con ovvie ripercussioni sulla rigidezza flessionale.

Desidero chiedere:
1) Alla luce dei test su tavola vibrante svolti, quale dei due modelli rispecchia il comportamento di pareti in edifici bassi, e quale comportamento si è riscontrato in edifici multipiano?

2) Dato che le sollecitazioni orizzontali sisma/vento si ripartiscono proporzionalmente alla rigidezza dei setti reagenti, (minima tra pannelli e connessioni) la scelta di uno o altro modello può provocare una errata valutazione delle forze taglianti?


Risposta team esperti Ing. Andrea Bernasconi:

La prima parte della domanda trova la sua risposta senza doverla andare a cercare nelle prove su tavola vibrante. La mensola verticale è senza dubbio un modello di calcolo adatto all'analisi strutturale di un elemento di parete, quanto meno come principio di approccio al problema. Per quanto riguarda l'incastro alle estremità, questa è una condizione data dai vincoli tridimensionali della struttura. Alla base di ogni parete i vincoli sono per definizione non mobili nella direzione perpendicolare al piano della parete. Sul lato superiore della parete il vincolo che impedisce lo spostamento nella direzione perpendicolare al piano della parete stessa deve essere assicurato dagli orizzontamenti, cioè dai solai o da eventuali altri elementi di controvento.

Qualora invece la domanda si riferisse alle considerazioni riguardanti il comportamento nel piano della parete, si può affermare che il modello della parete basato su una trave incastrata alla base e libera alla sua estremità superiore è corretto, indipendentemente dal numero di piani della stessa parete. Occorre considerare che anche l'ancoraggio alle fondazioni non può essere considerato come incastro assoluto, ma la cedevolezza degli ancoraggi e degli eventuali giunti a compressione per contatto comportano una rotazione dell'estremità della base della parete. Di regola possono essere ammesse come infintamente rigide le fondazioni dell'edificio; aggiungiamo però che anche questa affermazione non ha validità assoluta. Sottolineiamo che la parte superiore di una parete non può mai essere modellata come trave incastrata, in quanto anche un eventuale piano superiore non forma nessun vincolo per l'elemento sottostante, ma semplicemente ne segue ogni movimento, tanto di traslazione quanto di rotazione.

La risposta alla parte 2 della domanda dovrebbe quindi essere contenuta in queste riflessioni. Aggiungiamo che la valutazione della rigidezza di una parete deve essere eseguita prendendo in considerazione tutti i collegamenti, il cui effetto sulla rigidezza complessiva è tutt'altro che trascurabile. Una scelta sbagliata dei vincoli porta senza dubbio ad una scorretta valutazione delle forze in gioco. Ciò vale a maggior ragione per strutture di edifici multipiano, ma non soltanto. In caso di edifici di dimensioni, grado di complessità e numero di piani modesti è possibile trascurare alcuni effetti e ottenere un risultato complessivo accettabile: dove tutti gli elementi costruttivi sono simili, gli errori nel calcolo delle rigidezze sono pure simili … e i rapporti di proporzione della rigidezza dei vari elementi risentono in modo minore delle approssimazioni di calcolo e di modellizzazione.

È e resta compito dello strutturista assumere la scelta di semplificare i modelli di calcolo valutando le conseguenze di tali semplificazioni e facendo proprie le imperfezioni e variazioni che ne possono derivare. 


La mia domanda alla redazione...

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