Quali possono essere le conseguenze dell'utilizzo di strutture in legno all'esterno?

Francesca Riva, MI (Architetto): Sto progettando un pergolato e una tettoia per il ricovero auto, che pensavo di realizzare utilizzando travi bilam in larice, che sarebbero quindi esposte alle intemperie; mi piace che il larice ingrigisca naturalmente e porti i segni del tempo; vorrei pero sapere se ci sono altri problemi, quindi non di carattere estetico, se le travi non vengono protette e anche se esistono travi bilam già  trattate per stare all'esterno.

ultimo aggiornamento
05.11.2015 (06.06.2007)
Nr.: 7180

Categoria: Durabilità

Risposta team esperti Ing. Andrea BernasconiIng. Roberto Tomasi:

La possibilità  di lasciare le strutture di legno direttamente esposte all’intemperie (tecnicamente si parla in questo caso di classe di rischio 3) è senz'altro possibile, a condizione di accettare le conseguenze che cio implica. Ed compito del progettista valutare con molta cautela, come Lei giustamente sta facendo, quali possono essere le conseguenze di tale scelta progettuale.

La possibilità  che avvenga un naturale invecchiamento delle superfici (anche se questo fenomeno puo non essere uniforme, in funzione anche del grado di esposizione delle superfici alle intemperie) porta alla colorazione grigia da Lei citata e non pone nessun problema strutturale. Occorre pero tener conto che nel caso di travi massicce direttamente esposte, il processo di degrado seguirà  il suo decorso naturale, e cio puo portare a conseguenze importanti anche a livello strutturale.

La corretta scelta del materiale è già  di per sé un importante dato di partenza. Il larice è, tra le specie legnose, tra quelle piö utilizzate per strutture direttamente esposte alle intemperie (come per esempio nel caso dei ponti e delle passerelle pedonali), in quanto, avendo caratteristiche tecnologiche simili a quelle dell’abete rosso, consente una durabilità  maggiore.

Una classificazione qualitativa della durabilità  (in accordo con quanto riportato nel capitolo 6 a cura di A. Bernasconi in »Piazza M., Tomasi R., Modena R. (2005), Strutture in legno - Materiale, calcolo e progetto secondo le nuove normative europee, Ulrico Hoepli Editore, Milano«), consente di fissare come valore indicativo di aspettativa di vita di una struttura in legno massiccio di larice (direttamente esposta alle intemperie e senza interventi protettivi) intorno ai 15-25 anni (da confrontare con una durata di un’analoga struttura realizzata in abete rosso valutabile tra i 5 e i 15 anni): da notare che il legno di larice non si colloca tra le specie legnose piö durabili in senso assoluto (con il legno di quercia o di castagno l’aspettativa di vita varia dai 35 ai 100 anni), ma si tratta comunque della specie legnosa piö durabile tra quelle oggi piö diffuse nell’edilizia.

Considerando che queste cifre rappresentano aspettative di vita, sta al progettista ed al committente valutare se questa aspettativa di vita corrisponde alle esigenze del progetto. Come già  indicato si tratta di una scelta che sta spesso alla base di strutture secondarie, ma anche di molti ponti pedonali, dove l'importanza della costruzione nel suo insieme e la necessità  di ridurre al massimo i costi di costruzione giustificano questa scelta. Nel caso di ponti di grandi dimensioni o di ponti stradali, che richiedono un investimento piö importante ed hanno un'importanza ben piö rilevante, ci sembra opportuno quanto meno consigliare di ponderare accuratamente una scelta di questo tipo. Nel Suo caso di un pergolato / tettoia per ricovero auto la proposta di usare legno di larice, con le conseguenze che cio comporta, puo essere senz’altra sottoscritta e sostenuta; anzi proprio per la funzione di tettoia della costruzione è probabile che una parte della stessa sia, almeno parzialmente protetta dalle intemperie e quindi sicuramente molto meno esposta al rischio di degrado (senza esposizione diretta alle intemperie si parla di classe di rischio 2).

L’applicazione di interventi protettivi superficiali non è una soluzione che puo risolvere in maniera definitiva il problema della durabilità , in quanto non impedisce in modo definitivo lo scambio di acqua con l’ambiente circostante, e non impedisce nemmeno la formazione di fessure, che espongono il legno all’umidità  e agli organismi patogeni dell’ambiente; tali trattamenti preventivi sono efficaci solo se sottoposti a manutenzione frequente e devono impedire anche l'ingrigimento della superficie (sembra superfluo aggiungere che l'eventuale ingrigimento della superficie equivarrebbe in buona misura alla constatazione dell'inutilità  del trattamento applicato). L’utilizzo di trattamenti per impregnazione risulta comunque piuttosto complesso e in generale non facilmente applicabile per il legno di larice.

Nel caso di legno bilama di larice, come indicato nella Sua domanda, è doveroso ricordare che i giunti incollati (giunti a pettine delle singole lamelle, ma soprattutto l'incollatura di superficie fra i due elementi di notevole spessore che compongono la sezione "bilama") si trovano ad essere sottoposti a sollecitazioni particolarmente elevate in caso di esposizione diretta e prolungata alle intemperie. Malgrado i collanti usati per la produzione di bilama e trilama siano generalmente omologati per l'uso del materiale in presenza di forte umidità  e dell'azione diretta delle intemperie, in diversi casi le omologazioni del prodotto bilama e trilama ne limitano l'uso alle classi di servizio 1 e 2, escludendone quindi l'uso in caso di esposizione diretta alle intemperie. È quindi consigliabile nel caso di fornitura di bilama (ed in particolar modo se di larice), richiedere espressamente la conferma e la garanzia (per esempio tramite un'omologazione del prodotto) della possibilità  di uso con esposizione diretta alle intemperie (classe di servizio 3). Se cio non fosse possibile, e senza dover rinunciare all'uso del legno di larice, è possibile optare per il legno massiccio segato di larice, o per il KVH di larice, o ancora per il lamellare classico (negli ultimi due casi richiedendo materiale adatto all'uso in classe di servizio 3).


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