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Quale specie legnosa è piö indicata, tra il pino e l'abete, per realizzare una struttura, tipo pergolato, che rimarrà all'esterno.
Stefano Corona, MI (Ingegnere): Dovrei realizzare una struttura, tipo pergolato, che rimarrà all'esterno. Mi è stato suggerito sia legno di pino che legno di abete (entrambi lamellari).
Potete suggerirmi quale sia il legno migliore e perchè? Avete dei dati in merito?
ultimo aggiornamento
10.10.2014 (19.02.2009)
Nr.: 8505
Risposta team esperti :
I requisiti di durabilità per i materiali impiegati nelle costruzioni (sia per gli elementi strutturali che per quelli di tamponamento) dipendono dalle classi di rischio, e queste non è detto che siano eguali per tutto il manufatto.
Una progettazione corretta dovrebbe escludere il contatto degli elementi lignei col terreno, quindi la classe di rischio (come da UNI EN 335-1) massima dovrebbe essere la 3 (il legno o il prodotto di legno non è riparato e non si trova a contatto con il terreno, esso si trova continuamente esposto agli agenti atmosferici oppure, pur essendo protetto contro gli stessi, è soggetto a umidificazione frequente), mentre (sempre con una progettazione accurata) gli elementi strutturali potrebbero (e dovrebbero) essere in una situazione corrispondente alla classe di rischio 2 (situazione in cui il legno o il prodotto di legno è riparato e completamente protetto dagli agenti atmosferici, ma in cui un’elevata umidità ambientale puo determinare umidificazione occasionale ma non persistente).
Nel primo caso, se non è possibile impiegare specie legnose di sufficiente durabilità (questo, di fatto esclude tutte le specie indigene) è necessario ricorrere a trattamenti preservanti che penetrino per almeno 5 mm; nel secondo caso il ricorso a specie indigene puo essere sufficiente se si utilizza legname di Castagno o Larice (anche se quest'ultima specie è ritenuta scarsamente resistente ai funghi, quindi il suo impiego è da limitarsi a situazioni in cui il clima medio non consenta umidità del legno superiori al 20 % per periodi significativi), altrimenti è raccomandabile un trattamento preservante per una profondità di 1-3 mm. Questi requisiti di profondità sono raggiungibili solo con trattamenti a pressione. Sia per il tipo di trattamento sia per i prodotti da utilizzare è fondamentale il ricorso a strutture specializzate, data l'importanza dell'obiettivo perseguito e la tossicità dei materiali impiegati.
Per un sistema a traliccio che si ritiene debba rimanere completamente esposto alle intemperie le due specie indicate, sia pure usate sotto forma di travi lamellari, non sembrano le piö adatte. Dovrebbero comunque essere trattate per una classe di rischio 3 (prevedendo il montaggio fuori dal contatto col terreno) con profondità di penetrazione del preservante di 5 mm. Oppure conviene utilizzare specie legnose intrinsecamente durabili (Azobé, Ipè ecc.)